Arthur Shawcross – vero è falso

Il destino si accanisce contro alcune persone ed è magnanimo verso altre.
Molti devono superare quotidianamente grandi ostacoli e difficoltà per sopravvivere, altri hanno la strada spianata dall’inizio alla fine della loro esistenza.

Nel benessere qualcuno costruisce bellezza, altri sprofondano nella sventatezza e nell’ingordigia.

Nel malessere molti controbattono con la resilienza, altri annegano nella disperazione, sopraffatti da odio e frustrazione.

Questa è la vita, questa è la realtà.

E ci sono situazioni estreme, che mettono alla prova persone estreme, con conseguenze estreme.
Qui non si parla nè di “vita” nè tantomeno di “realtà”. Qui si parla di qualcos’altro.

Se vogliamo davvero spingerci al limite della follia, dell’immondo, non dobbiamo fare altro che conoscere e (cercare di) comprendere la storia di
Arthur John Shawcross.

Arthur nasce prematuro, di sette mesi, il 6 giugno 1945.
La sua infanzia la passa a Watertown, nello stato di New York. Non ha rapporti né nutre il minimo affetto nei confronti di genitori e parenti, praticamente dalla nascita.

Parla e si confida con personaggi immaginari.
Parla e si confida a voce alta coi suoi “amici fantasmi” anche a scuola, durante le lezioni, tra insegnanti e compagni attoniti.

Bagna il letto in maniera cronica, schernito e umiliato per questo, tra le mura domestiche.

Il rendimento scolastico è disastroso. In quinta elementare Arthur è più grande di tre anni rispetto ai compagni.

Infanzia problematica e triste, densa di disagio.

Tutto peggiora.

Dagli otto anni in poi, Shawcross sviluppa un’ossessione per il sesso che rasenta l’indicibile. Si masturba più volte al giorno,
Spinge al sesso orale i suoi coetanei (maschi e femmine) e coinvolge nella stessa pratica animali da allevamento, perlopiù pecore e mucche.

Questo totale devianza psicosessuale ha certamente un colpevole.
Abusi da parte di alcuni parenti. I maggiori sospetti degli psichiatri che lo avranno in cura, si concentrano sulla zia di Arthur, Tina.

Shawcross nomina invece sempre e solo un unico responsabile: sua madre.

Descrive nei minimi particolari il sesso orale praticato con lei, dato e ricevuto, dall’infanzia alla tarda adolescenza.

Durante gli anni della violenza, Arthur consuma a sua volta rapporti sessuali prima con i coetanei, poi con gli animali, poi con sua sorella Jeannie e sua cugina Linda.

Un giorno l’orrore osa ancora di più.
Arthur, di ritorno da scuola, si imbatte in un uomo che lo costringe a salire sulla sua auto.
Sembra incredibile, ma quello sconosciuto, proprio a quel ragazzino, vuole praticare una fellatio, con la forza.

Arthur non raggiunge l’orgasmo, l’uomo si infuria e lo sodomizza picchiandolo.

E’ il momento cruciale nella vita del futuro serial killer. D’ora in poi, il piacere sessuale sarà indissolubilmente legato alla violenza.

Con un piccolo salto temporale, arriviamo al 1968. L’orrore osa ancora e ancora di più.

Arthur Shawcross viene spedito a combattere in Vietnam. In quel luogo infernale, questo ragazzo ormai completamente depredato di qualsiasi moralità e ritegno, raggiungerà l’apice della propria brutalità.
Le vittime sono le donne vietnamite.
Arthur le costringe a rapporti orali, le sevizia, le violenta, le squarta, le uccide e ne mangia parti del corpo.

Di ritorno dalla guerra, Arthur è completamente sconvolto psicologicamente.
Dopo l’enuresi e la violenza sugli animali, è la volta della piromania. La “triade di MacDonald” è completa.
Shawcross appicca incendi compulsivamente, nel suo quartiere, nella fabbrica in cui lavora, ovunque. Viene arrestato e condannato.
Una volta rilasciato, la sua “carriera” di serial killer ha inizio.

dal 1972 al 1990 uccide tredici volte.
Il modus operandi mette i brividi persino a John Douglas, uno dei massimi esponenti del criminal profiling, ai vertici dell’ FBI.
Arthur uccide, violenta e mangia parti del corpo di bambini, ragazze e donne.

Tredici orribili omicidi, poi l’arresto e il processo.

Le ragioni della follia omicida di Shawcross sono fin troppo ovvie. E’ tutto chiaro ed evidente.
Le ragioni del male sono nitide. La nostra voglia di comprendere le gesta di questo assassino è ampiamente soddisfatta e potremmo fermarci qui.

E invece l’ultimo capitolo della storia sgretola tutto.
Tutto ciò che abbiamo raccontato finora viene polverizzato.

E’ il momento del processo, dove tutto decade e le ragioni evaporano. Non esiste più il minimo senso.

Vengono interrogate tutte le persone che hanno fatto parte della vita Di Arthur, dalla prima infanzia all’età adulta.
La sorella dichiara di non aver mai avuto rapporti di sesso orale con lui,
nessuno ammette di aver preso in giro Arthur per aver bagnato il letto da bambino. La cosa non sembra nemmeno essere mai successa.
Nessuno ricorda la crudeltà di Arthur verso gli animali. La zia Tina non esiste. La madre non ha una sorella che si chiami Tina e nega di aver mai abusato sessualmente del figlio.
I suoi commilitoni del Vietnam neanche se lo ricordano e comunque l’intero battaglione nel quale Shawcross dice di aver militato era stato assegnato ad una zona assolutamente tranquilla, dove guerra e violenza non erano affatto presenti.
A fronte di queste testimonianze, e dopo una serie di perizie psichiatriche, il verdetto è unanime: Shawcross si è inventato tutto. E’ un manipolatore e un bugiardo.

La condanna è di 250 anni di carcere.

Durante la sua detenzione vengono registrate una serie di celebri interviste dove Arthur inventa di volta in volta macabri particolari dei suoi omicidi e del suo passato.

Le uniche spiegazioni plausibili, che ristabiliscono almeno minimamente un senso nel comportamento di questo assassino seriale, possono ora solo essere ricondotte a “anomalie fisiche”riscontrate durante le visite fatte prima della condanna.

Shawcross presenta un’eccessiva quantità di “urine kryptopyrrole” nelle urine, come conseguenza di un cromosoma Y di troppo (XYY). Questa anomalia viene ritenuta causa di un “parziale senso di disorientamento e di una progressiva perdita di ambizioni, di potenza sessuale e di senso di adattabilità sociale”.
Inoltre vi è la presenza di una piccola cisti benigna in un lobo temporale del soggetto. Gli esperti sostengono che la minima ferita, o tumore, o cisti presenti nel cervello, possono causare un’anormale attività elettrica.

Ci sforzeremo di credere che siano queste le cause scatenanti dell’attività omicidiaria di Arthur Shawcross. Rimangono le sole prove “tangibili”. Il resto è una totale menzogna, che trasuda morte.